Definizione




Pianta carnivora o protocarnivora? Un vero e proprio rompicapo difficile da chiarire, in quanto la linea di demarcazione tra questo due tipologie di piante è estremamente confusa.
In generale, quando si parla di piante carnivore, si tende sommariamente a rappresentarle come piante che catturano e digeriscono insetti con lo scopo di assimilare tutti quegli alimenti utili alla loro crescita e sviluppo, sostanze che purtroppo scarseggiano nei loro habitat naturali.
In realtà  il discorso è molto più complesso di quanto si possa immaginare, in quanto è veramente difficile trovare una definizione univoca per definire i parametri che determinano la carnivorosita di una pianta.
Esistono due teorie in merito, nate in periodi storici differenti che trattano di questa problematica elencando le caratteristiche che una pianta deve possedere per essere considerata carnivora.
Il primo, quello più moderno, si basa su regole estremamente rigide, secondo questa teoria , per essere definita carnivora, una pianta deve essere in grado di esplicare quattro distinte funzioni.
Attirare gli insetti sfruttando i colori delle proprie livree e/o grazie a sostanze zuccherine prodotte da ghiandole specializzate in tale compito.
Catturare con le loro trappole gli insetti ingannevolmente attratti.
Digerire la preda catturata.
Trarre vantaggio in termini di assunzione, di tutte quelle sostanze derivanti dalla digestione della preda.
Secondo questa teoria, altre piante che pur riuscendo ad attirare, catturare ed assimilare sostanze nutritive, non sono però in grado di produrre in maniera del tutto autonoma gli enzimi necessari per la digestione della preda, vendono classificate come protocarnivore.
La seconda teoria, decisamente più datata rispetto alla prima, afferma invece che una pianta in grado di attirare, catturare ed assimilare sostanze nutritive (prodotte da terzi) è da considerarsi a tutti gli effetti una pianta carnivora anche se questa non in grado di digerire la preda catturata.
E' grazie a questa obsoleta teoria, che alcune piante sono ancora oggi conosciute come carnivore, anche se, rifacendosi alla teoria più recente, devono essere classificate come protocarnivore.
Stiamo parlando ad esempio di tutte le specie di Heliamphora e della Darlingtonia.
Anche la Sarracenia purpurea, non essendo in grado di produrre enzimi digestivi deve essere quindi considerata come protocarnivora; una bizzarra eccezione se pensiamo che appartiene alla famiglia delle Sarracenie, dove tutte le altre specie consanguinee, sono invece vere carnivore.
A rendere ancor più confusa la definizione di carnosità nel regno vegetale, è la teoria enunciata nel 2003 da J. Midgley e B. Anderson, secondo la quale, la definizione di carnivorosità può essere estesa a tutte quelle piante che pur non avendo organi "convenzionali" per catturare e digerire le prede, sono in grado comunque di sostenere un mutualismo persistente con un predatore.
Questa particolare interazione animale-vegetale, viene chiamata "mutualismo digestivo" , la pianta fornisce un adeguato spazio di foraggiamento per i predatori, che a loro volta forniscono nutrienti attraverso la defecazione sulle foglie, fornendo in tal modo nutrienti facilmente assorbiti dalla pianta attraverso lo foglie stesse.
Secondo questa ennesima definizione per esempio, la Roridula gorgonie potrebbe essere anche considerata a tutti gli effetti una pianta carnivora perchè sostiene appunto il mutualismo digestivo con l'emittero Pameridea.