La sensibilità delle piante carnivore



Anche le piante carnivore, dimostrano sensibilità...
Non dobbiamo assolutamente pensare che le nostre piante si dedichino unicamente alla cattura degli insetti per garantirsi la sopravvivenza ma anche loro come il resto degli esseri viventi, percepiscono gli stimoli dell’ambiente in cui vivono attivando come conseguenza meccanismi di difesa, praticando strategie per trarre vantaggio da una particolare situazione.
Come già accennato nell'introduzione di questa sezione, le piante sembrano essere dotate dei cinque sensi che caratterizzano gli uomini: la vista, l'olfatto, il gusto, il tatto e l'udito.
Questi sensi non sono ovviamente sviluppati secondo una natura umana ma non per questo devono essere considerati meno affidabili.


La vista

Vista, non significa solamente distinguere i contorni di una casa, di un'automobile o riconoscere la fisionomia di una persona, la vista è anche la capacità di recepire la luce.
La luce è un fattore basilare per ogni vegetale, un elemento che ogni pianta utilizza per la fotosintesi e che ne influenza l'intera vita.
Le piante pur non posseggono occhi come noi li conosciamo, non solo riescono in qualche modo a "vedere" la direzione dalla quale proviene la luce, ma ne percepiscono anche la qualità e l'intensità.
Se posizioniamo una pianta nei pressi di una finestra, vedremo che ben presto la pianta tende a piegarsi verso di essa, alla ricerca della luce.
Questo comportamento è dovuto ad un fenomeno chiamato “Fototropismo” una parola che deriva dal greco "fos" = luce e "trepo" = volgo.
All’interno dei fusti e delle foglie, è presente una sostanza chiamata “auxina” (dal latino augesco, cresco) che ha il compito di stimolare le cellule preposte alla crescita dei tessuti.
La auxina viene però distrutta dalle fonti luminose che la pianta riesce in qualche modo a "vedere" grazie a particolari molecole chimiche che agiscono da fotorecettori... gli "occhi" della pianta.
Nella zona della pianta esposte alla luce, viene a diminuire la quantità di auxina, la conseguenza è che la pianta in quella specifica area è meno stimolata a crescere.
Di contro, nella zona in ombra, le concentrazione di auxina aumenta con il conseguente sviluppo del fusto che tende così a piegarsi verso la parte meno stimolata.. quella dalla quale proviene la luce.






Drosera binata, si nota chiaramente gli esili fusti piegati verso destra in direzione della lampada alloggiata nel terrario.


Con l'arrivo della notte gli esseri umani e la maggior parte degli animali dormono.. e le piante?
Anche le piante "chiudono i loro occhi" e si pongono in una posizione di riposo, un fenomeno legato allo stimolo luminoso che prende il nome di "Fotonastia".
Per la verità una condizione che nelle piante carnivore non è molto evidente, almeno per le specie che attualmente coltivo.
In ogni caso nell'immagine che segue, appare chiaro come durante la notte alcune delle foglie della Drosera graomogolensis si abbassano, per poi rialzarsi con la presenza della luce del giorno.







Nella Desmodium gyrans una pianta "sensitiva", questo fenomeno e decisamente più apprezzabile.






La zona del ramo dove si diramano le foglie è composto da cellule ricche di particolari succhi che durante il giorno sono turgide una condizione che permette al ramo di sostenere le foglie.
Con l'oscurità e la conseguente diminuzione della luce, queste cellule perdono progressivamente il loro turgore, ed ecco che le foglie si abbassano a causa del loro peso chiudendosi lungo il fusto... la pianta in qualche modo "chiude" gli occhi e dorme.


L'olfatto

Che le piante possano a loro modo percepire odori e fragranze sembra ormai un dato di fatto.
Riporto a tal proposito un articolo pubblicato in rete su "La repubblica.it" nell'Aprile del 2004, un articolo eloquente che parla di come le piante avvertono odori e profumi reagendo di conseguenza.

Scoperta dei biologi dell'Università di Torino: quando vengono attaccate, attirano i nemici naturali dei loro parassiti.
Così le piante sentono il pericolo e chiedono aiuto per salvarsi
E con una specie di catena di Sant'Antonio avvertono quelle vicine del rischio che stanno correndo

di MARCELLA MIRIELLO

TORINO - Se prendete una pianta e le strappate una foglia, lei non si accorgerà di nulla, parola di biologo. Ma se invece di strapparla ci posate sopra un bruco affamato allora il vegetale cercherà di difendersi. Non solo, riuscirà persino ad avvertire le piante vicine dell'imminente pericolo. Come? Semplice, comunicando. La scoperta è dei biologi dell'Università di Torino che, dopo tre anni di esperimenti scientifici, sono giunti a questa conclusione: le piante "sentono" il pericolo e i denti di chi le divora. L'azione difensiva vegetale è repentina. Non appena percepiscono la saliva del bruco, le piante attivano dei geni che si mettono a produrre una sostanza volatile. Una specie di profumo di lavanda che attira le vespe, nemiche mortali dei bruchi. L'esercito delle salvatrici si limiterà a pungere i malcapitati, iniettando loro delle uova. A questo punto i bruchi sono spacciati. La fine che li attende è davvero atroce: quando le uova si schiudono, i bruchi esplodono. Ma la sostanza volatile non attira solo le vespe. L'altra funzione è quella di avvertire le "sorelle vicine" e, come in una catena di Sant'Antonio, di indurle a produrre, a loro volta, il profumo che richiamerà le salvatrici.


Il gusto

Il gusto è uno dei sensi, con cui l'uomo percepisce i sapori di un alimento grazie alle gemme gustative, particolari ricettori presenti nelle papille gustative della lingua.
Gli animali, seppur in modo diverso dal nostro, percepiscono anche loro i sapori, ma le piante?
Anche le piante hanno il senso del gusto.
L'apparato radicale come sappiamo, è un organo della pianta specializzato nell'assorbimento dell'acqua e dei sali minerali presenti nel terreno.
Ogni singola radice è ricoperta da una sottilissima ed impercettibile peluria all'estremità dei quali si trova una proteina, la Rhd2.
Questa particolare proteina permette alla radice di "assaggiare" il terreno nel quale si propaga alla spasmodica ricerca di sostanze nutritive.





Radice alla ricerca
di sostanze nutritive



Alcune piante al contrario sono costrette a "diete alternative" e qui parliamo nuovamente delle le piante carnivore, esseri viventi che nel regno vegetale sono il plus ultra in fatto di "gusto". Un esempio eclatante è la Dionaea muscipula.
Questa particolare pianta come del resto le altre carnivore, adotta un sofisticato stratagemma per catturare piccoli insetti dai quali, mediante un processo digestivo, ricava tutti quegli elementi nutritiva, azoto compreso, che scarseggiano nei terreni dove vive.
Dopo aver attirato e catturato la sua preda, la Dionaea muscipula è in grado di "assaggiare", grazie a particolari ghiandole, che in qualche modo possono essere paragonate alla nostra "lingua", tutto ciò che si trova imprigionato all'interno della sua trappola, valutando con estrema precisione se si tratta di cibo più o meno idoneo per la sua "dieta".


Il tatto

Non solo le piante percepiscono se vengono urtate o semplicemente sfiorate, ma riescono anche a "toccare" ciò che le circonda.
Una frase questa che farebbe pensare alla pazzia di chi la pronunciata, in realtà anche se in modo molto differente da come accade per l'uomo e per gli animali, le piante sono in grado di rilevare con una straordinaria precisione, gli stimoli dovuti al contatto con oggetti esterni.
Nel caso delle piante carnivore, il genere Drosera offre sicuramente lo spunto per approfondire questo curioso aspetto.
La sensibilità al tatto in queste piante, è presente nelle loro foglie ricoperte da minuscole gocce collose.
Quando un insetto viene a contatto con la foglia rimane intrappolato tra le gocce collose e nel tentativo di liberarsi si agita in modo frenetico, urtando ripetutamente la superficie della foglia.
La pianta avverte il movimento dell'insetto come un reale stimolo tattile e la foglia si arrotola sulla preda per poterla avvinghiare più saldamente ed evitare così la sua fuga.
Questo fenomeno avviene appunto grazie all'aptotropismo, un movimento che avviene nelle piante in risposta a stimoli tattili o di contatto.
A primo acchito potrebbe sembrare un movimento indotto da parte della pianta, ma se per esempio a urtare la foglia fossero state delle semplici gocce di pioggia, in quel caso la foglia non si sarebbe comportata come nel caso precedente ma sarebbe rimasta del tutto impassiva.
Ciò dimostra che queste piante come tanti altri vegetali non carnivori, appaiono in grado di percepire con precisione non solo quando un agente esterno viene in contatto con le loro foglie, ma riescono anche con estrema intelligenza a distinguerne il tipo di sensazione tattile, agendo poi di conseguenza.
Ora che abbiamo appreso che le piante posseggono un'abiltà tattile passiva, passiamo a descrivere qualche cosa di ancor più straordinario, cioè la capacità dei vegetali di "toccare" ciò che li circonda.
Le radici si prestano ottimamente per spiegare questo strabiliante potere.
Supponiamo di dover rinvasare una Nepenthes e di aver preparato un substrato a base di torba, perlite e bark.
Quest'ultimo elemento come ben sappiamo, altro non è che della comunissima corteccia di Pino in pezzi più o meno grossi.
Una volta che la pianta è stata sistema nel nuovo substrato, l'apparato radicale ricomincia la sua naturale attività, la penetrazione del terreno alla ricerca di acqua e di quei pochi elementi nutritivi presenti nel particolare composto.
Cosa succede se la punta di una radice urta del bark?
L'apice radicale recepisce l'ostacolo ed inizia a "tastarlo" per capire come e da che parte aggirare ciò che in quel momento ostacola il suo percorso.
Ben presto trova la soluzione migliore, aggira l'ostacolo riprendendo il suo viaggio nel terreno.


L'udito

Gli esseri umani così come la maggior parte degli animali riescono ad udire grazie ad un organo molto complesso: l'orecchio.
I rumori ed i suoni si propagano nell'aria sotto forma di vibrazioni che vengono raccolte dal padiglione auricolare e convogliati al timpano, una sottile membrana in grado di transcodificare le vibrazioni in segnali elettrici che giunti al cervello rendono possibile il riconoscimento ad esempio del rumore di un vetro che si rompe piuttosto che la soave musica di una melodia di Vivaldi.
Le piante come ben possiamo immaginare, non hanno orecchi e ci fa credere che non sono in grado di "sentire".
Anche il serpente per esempio non possiede orecchie, eppure riesce a sentire distintamente per esempio i passi dell'uomo o i rumori prodotti da una possibile preda.
Questo è possibile perchè le vibrazioni prodotto da un suono o da un rumore, si propagano anche lungo il terreno con un'intensità maggiore a quella che si propaga nell'aria.
Basti pensare ad esempio, quando appoggiando l'orecchio ad una rotai ferrata, si riesce a percepire il treno in arrivo anche se si trova ad una distanza tale da non essere udito rimanendo in piedi.
Quindi, se le vibrazioni prodotte dai rumori o dai suoni si propagano nel terreno, potremmo essere ragionevolmente convinti che le piante riescano a "sentirle".
Infatti le vibrazioni vengono captate dalle cellule della pianta (sia nella zona aerea che in quella delle radici) e questo grazie alla presenza di particolari canali.
Le piante hanno quindi una sensazione molto simile a quella che proviamo noi stessi quando ci poniamo vicini ad una cassa acustica che riproduce della musica ad alto volume, sentiamo il suono rimbombarci nello stomaco, anche se in quella zona non abbiamo le orecchie.
A tal proposito riporto parte di un interessante e curioso articolo pubblicato in rete su "www.newmusicalacademy.com"

Le piante preferiscono la classica

... Ciò che lascia davvero senza parole è che la musica è in generale avvertita anche da organismi sprovvisti di udito, le piante appunto. Stando alle ipotesi avanzate negli ultimi anni, grazie all’ascolto di musica classica, le piante crescono con una migliore salute e risultano anche più produttive e fruttuose. Uno studio svolto dall’Istituto Nazionale di agricoltura Biologica nella Corea del Sud ha evidenziato che le piante di riso tendono a crescere e a produrre maggiormente se ascoltano la musica classica. Attraverso esperimenti, ci si è accorti che le reazioni all'ascolto da parte del mondo della flora, erano maggiori per frequenze comprese tra i 125Hz e i 250Hz, l’intervallo più utilizzato dalla musica classica. Anche in Italia, si sono sperimentate le capacità della musica classica di agire sui vegetali. Da qualche anno, è iniziata una collaborazione tra il professor Stefano Mancuso, esperto di neurobiologia vegetale all’università di Firenze, e il produttore di Brunello di Montalcino Giancarlo Cignozzi. Tra i vigneti, sono stati inseriti degli amplificatori che diffondono le note di Mozart, il compositore che le piante sembrano gradire più di altri. Risultato stupefacente. Secondo il viticoltore, "la vite sembra avere un 35-40 per cento di incremento foliario, e del 200-300 per cento nel frutto". Alla base del legame tra la produttività delle piante e la musica di Mozart, ci sarebbe il fatto che il grande talento austriaco compose musica della natura. Le sue composizioni contengono infatti sequenze del matematico Fibonacci, le stesse con cui si sviluppano i rami degli alberi...


Oltre ai cinque sensi appena trattati, le piante carnivore come tutte quelle appartenenti al regno vegetale ci dimostrano di possedere altri sensi come ad esempio quello che permette loro di percepire il tasso di umidità presente dell'aria oppure quello che consente alle loro radici di captare la presenza di acqua nel terreno.
Sono in grado inoltre di avvertire i campi elettromagnetici, reagiscono ad un intenso stimolo termico, e cosa ancor più straordinaria dimostrano un'eccellente capacità di avvertire la gravità terrestre.

Sensibilità alla gravità terrestre.

Si chiama "Geotropismo" (dal greco "gea" = terra e "trepo" = volgo) la capacità da parte di una pianta di avvertire la forza di gravità terrestre e di reagire con il movimento nella sua direzione contraria.
All’interno di alcune cellule che compongono il fusto si formano dei piccoli granelli di amido chiamati “statoliti” che a causa del loro peso si depositano sul fondo delle cellule.
Questi granelli stimolano l’attività delle “auxine” nella parte più bassa di ogni cellula, sviluppando maggiormente la parte della pianta rivolta verso il centro della terra.
Questo costringe in qualche modo alla pianta si crescere con un andamento verticale e contrario.






Stylidium debilis, una giovane plantula fuoriuscita dal fondo del vaso, punta verso l'alto.


la capacità da parte delle piante di percepire la gravità terrestre, si manifesta ancor prima della loro nascita, ovvero nel momento in il seme inizia il periodo di geminazione.
Noi tutti siamo propensi a seminare facendo attenzione affinchè la parte del seme dalla quale uscirà la radichetta sia rivolta verso il basso, ma non sempre è possibile far questo.
I semi o le gemme delle Drosera ad esempio, hanno dimensioni talmente microscopiche che sarebbe impossibile distingue la parte da rivolgere verso il terreno.
Li spargiamo direttamente sul substrato senza preoccuparci più di tanto, le radichette usciranno dal seme e punteranno sempre verso il basso cercando il substrato, mentre le prime foglioline tenderanno invece a crescere verso l'alto.
Nell'immagine che segue si può notare come la radichetta rossa di una gemma di Drosera si pieghi per dirigersi verso il substrato (in questo caso è stato usato un substrato a base ai agar-agar per la coltivazione in vitro), mentre il fusto con le prime piccole foglie, si dirige verso l'alto.